lunedì 28 dicembre 2009

La protosuocera - parte prima -

Le feste natalizie sono anche il momento in cui le famiglie stanno più insieme. Ed è anche il momento che molti uomini scelgono per far conoscere la nuova fidanzata alla mamma.
Vedi per strada queste poverine tutte infiocchettate, fresche di parrucchiere e con l'immancabile stella di Natale in mano, con il volto pieno di speranza.
Mie care, se pensate di barattare un vegetale con un figlio, dimenticatelo.
Siete delle intruse, e basta. Dovete solo sperare che la mamma non vedeva l'ora di scrollarsi il ragazzo dal groppone. In quel caso resterete comunque delle intruse, ma nessuno vi tratterà mai male per paura che il pacco torni al mittente.

Alt! Fermi tutti. Non ho intenzione di sparare sul monumento nazionale italiano: la mamma. Ci mancherebbe altro. Mille benedizioni a tutte le mamme del mondo. Solo che a volte è l'accoppiata che non funziona. Quella di particolari madri con particolari figli maschi, intendo.
Ovviamente ai loro occhi è la migliore unione possibile, ma per chiunque altro è più sinistra del Krakatoa.

I miei ex-emplari fino ad ora descritti hanno diverse cose in comune. Me ne vengono in mente tre: me, questo blog ed una madre impossibile.
La mia prima protosuocera - così definisco le mamme dei miei ex, quelle mai diventate vere suocere, per fortuna - fu un trauma. Ma non volendo mi ha fatto un favore: mi ha preparata al peggio, e dopo di lei non ho mai più temuto niente e nessuno.

La prima domanda che la protosuocera mi fece dopo i convenevoli fu "che lavoro fai e quanto guadagni".
Andiamo bene. Per un attimo temetti che mi avrebbe chiesto se avevo calcolato quanto avrei preso di pensione.
Ogni volta che io e il figlio avevamo una discussione, mi convocava a corte e mi impartiva una lezione su come far stare tranquillo un uomo. Peccato che il suo l'avesse lasciata poco dopo il matrimonio.

Madre e figlio insieme, ai miei occhi erano rivoltanti. Si becchettavano, si sbaciucchiavano e si rigiravano come due fidanzatini.
Una volta io e lui eravamo al telefono impegnati in una sterile discussione notturna. Io stavo appunto dicendogli in malo modo che il suo rapporto con sua madre mi sembrava morboso e soffocante. E lui ribatteva:
"Ma cosa dici? Come ti permetti, io sono un uomo adulto e indipendente!"
A quel punto sentìi una voce assonnata che farfugliava alle sue spalle una roba del tipo: "Ciccì, non ti arrabbiare".
Per un attimo sperai che fosse a letto con un'amante. E invece no.
Ciccì mise la mano davanti alla cornetta e sussurrò: "Non ti preoccupare mamma, adesso dormi."
L'uomo adulto e indipendente dormiva nel lettone con mammà!

Una sera il mammome mi invitò a cena per festeggiare un traguardo professionale molto importante. Lui era raggiante e non faceva che autocompiacersi. Io glie lo lasciavo fare e nel frattempo mi dedicavo con gioia ad un magnifico astice imperiale.
Ad un certo punto si fermò, mi guardò con patos e mi disse con aria complice:
"Adesso mi manca una sola cosa per sentirmi davvero realizzato".
Oddio no, pensai, se questo tira fuori l'anello c'ho tutte le dita che sanno di crostaceo!
E invece annunciò: "devo solo comprare una pelliccia per mia madre".
Sulle prime provai un certo sollievo per la mancata proposta cui davvero non avrei saputo cosa rispondere. Poi feci il rewind.
"Una pelliccia per tua madre!?!"
"Sì, una di visone, lunga".
Il vongolone aveva la voce che gli tremava.
"Ma, scusa...in che senso?"
"Perchè una pelliccia così è un simbolo."
"Ma di cosa?"
"Come di cosa? Del fatto che dalla vita hai ottenuto qualcosa. E mia madre se lo merita".
"Non lo metto in dubbio. E il fatto che mia madre abbia una pelliccia di topo... di cosa è simbolo?"
"Quanto sei sciocca."
"Scusa, ma perchè proprio una pelliccia? Perchè non una crociera? O un orologio di Cartier? Le pellicce ormai sono out. Forse erano uno status negli anni 80. Ma adesso se le mette solo la Ripa di Meana per togliersele davanti a tutti e far vedere che sotto è nuda."
"Hai detto bene. Erano uno status negli anni 80. E mio padre ha lasciato mia madre nell'81. Questo non ti dice niente?"
Il mammozzo adesso sembrava quasi pericoloso con quel filino di bava alla bocca.
"Ok, ok. Compra stò visone a tua mamma".
Decisi di tacere perchè mi resi conto che a cena eravamo in tre: io, Ciccì ed Edipo. Ma per fortuna mezzo astice era ancora lì nel piatto che mi faceva l'occhietto.

Tempo dopo io e l'ex-emplare ci lasciammo. Lui la prese un po' male, anzi parecchio. Io invece mi preparavo a godermi una nuova vita mentre il mio cellulare squillò.
Era la mamma di Edipo! Mi invitava quella sera a cena per una "chiacchierata tra donne, senza uomini tra i piedi".
Accettai e andai a casa sua, chiedendomi se mi si vedeva molto il cappio alla gola. Dannata buona educazione.
L'ormai ex protosuocera fu affabile e gentile come non lo era mai stata. Durante tutta la cena insistette perchè bevessi vino, birra, spumante. E io continuavo a ripetere che sono astemia. Alla fine per levarmela di torno accettai un bicchierino di limoncello. Controllò attentamente che lo vuotassi, dopodichè si piazzò di fronte a me tipo giudice per le indagini preliminari.
"Su, adesso che siamo amiche me lo puoi dire, hai conosciuto un altro?"
Amiche? Ma chi ti conosce?
"No, signora, semplicemente io e suo figlio non andavamo d'accordo"
"Sì vabbè, io certe cose le capisco. Stai già con lui?"
Messaggio non ricevuto.
"No signora. Non l'ho lasciato per un altro. E'che non.."
"Pensi che sia scema? Mica si lascia uno come mio figlio, con la sua posizione, per stare da sole. Chi è, dài, un tuo collega?"
"Ma signora, per carità.."
Mentre lei mi si avvicinava sempre più, tipo megera dei Goonies, io udìi un leggero rumore alle mie spalle. Mi alzai di scatto e chiesi "cos'è stato?".
La pazza fece la faccia di Bernardo Provenzano. Una sfinge.
"Io non ho sentito niente".
"Io invece sì".
Uscìi dalla cucina, giusto in tempo per vedere un'ombra che si infilava in bagno e chiudeva la porta.
Santi numi. Quei due erano un'associazione a delinquere. Mentre la mamma cercava di farmi bere e poi confessare, Ciccì era dietro la porta ad origliare.
E se davvero avessi avuto un altro e lo avessi detto? Cosa avrebbero fatto? Mi avrebbero tagliata a pezzi e messa in freezer accanto ai bastoncini Findus?
Scappai da quella casa dicendo solo: "voi dovete farvi curare."
Mentre ero in ascensore potevo sentire la mefistofelica che urlava "voglio vedere dove lo trovi uno come mio figlio! Uno con la sua posizioneeeeee!".
Sì, la posizione del koala.

Ad oggi questo ex-emplare vive ancora con la mamma. Li ho visti non molto tempo fa che passeggiavano a braccetto ridendo e scherzando. Lei indossava una pelliccia di visone lunga, in perfetto stile anni 80. Anzi 81.

sabato 26 dicembre 2009

A proposito di regali

Tornando a noi e restando in tema "regali di Natale", ho deciso di prendermi una pausa dalle ferie per commentare questo post comparso su un noto forum e segnalatomi da una lettrice. Ne pubblico qualche stralcio:

Salve, sono nuova, vi scrivo perchè sono rimasta troppo male x un regalo ricevuto dal mio uomo (che non è solo mio perchè lui x il momento vive ancora con la moglie e i figli).
Io gli avevo chiesto un cucciolo di barboncino nano, e lui ieri mattina è arrivato in fretta e furia (aveva il cenone la sera con moglie e parenti vari ) con un meticcio di media taglia preso al canile.
Inizialmente non avevo capito che lo aveva preso al canile, ed è stata mia sorella a scoprirlo. A me questo cane non piace, e se una persona ti chiede un barboncino, se tu non vuoi spendere 600 euro, faresti meglio a non prendere nessun cane (...)

Ora, io non mi sento di badare al cane, mia sorella più piccola lo sta cercando di badare lei, ma non è che le vada tanto, e mia madre mi ha dato della scema a stare con un uomo di questo genere, che se ne sta con un piede in due scarpe da 2 anni.
Ora è anche una questione di principio. Lui il cane se lo deve portare via!! Voi come vi comportereste al posto mio?
Lo lascereste quest'uomo? e' inaffidabile un tipo del genere?
e perchè io che ho 29 anni devo stare con uno che vive con sua moglie, e poi a Natale mi fa i regali che vuole lui x non spendere?"
ciao e grazie.
Tintina


Dunque, di cose da dire riguardo questo post ce n'è un'infinità. Io sarei portata a cominciare dalla grammatica, ma lasciamo perdere e passiamo ad altro.
E' vero che ho suggerito di chiedere espressamente il regalo di Natale al proprio uomo, ma qui si scantona un po'.
Io immagino questa squinzia in reggicalze fucsia che in un momento un po' particolare chiede a questo pollo: "Amò, ma tu per me faresti qualsiasi cosa?"
E lui, più di là che di qua, che risponde "tutto, chiedimi tutto".
"Voglio il barboncino nano".
Il tizio deve aver pensato "Ma sì, un barboncino lo rimedio. Pure nano, magari costa meno".
Gli deve essere preso uno sturbo quando al negozio di animali gli hanno comunicato il prezzo della bestia.
"No, vabbè, magari ripasso".
Si è precipitato al canile, il misero, e ha agguantato il primo cucciolo, quanto meno bianco e un po' riccio. O forse chissà, gli ha fatto fare una permanente. Poi si è presentato sotto casa della Tintina, che è scesa tutta gongolante, e le ha consegnato la bestiola con tanti auguri e un po' di fretta perchè a casa la moglie aveva già calato gli spaghetti.
Immagino queste tre isteriche: Tintina, mamma e sorellina, che scoprono il fattaccio e prendono a inveire contro l'impostore, che nel frattempo aveva spento il cellulare, si era catapultato a comprare un profumo per la moglie e un'acqua di colonia per la suocera, e finalmente si era potuto tuffare negli spaghetti ai frutti di mare.

Ma insomma, cara Tintina, ti rendi conto che con 600 euro il poveraccio ci paga una rata del mutuo, o l'apparecchio per i denti della figlia, o l'abbonamento annuale per la palestra della moglie?
E poi, avessi chiesto un brillante, posso capire che il pezzotto irrita, ma dimmi un po' cos'ha un barboncino nano che manca a questo cucciolo. Tutti e due fanno cacca e pipì, tutti e due fanno baubau, e probabilmente il bastardino è un pelino più sveglio del barboncino nano, con tutto il rispetto.

Ma temo non sia questo il punto. Qui abbiamo una ventinovenne che pretende un pedigree con un cane vicino e un farlocco che prima le rifila un falso e poi, per restare in tema, si siede a tavola con la famiglia a festeggiare il Natale.
Abbiamo inoltre una madre che invece di zittire la figlia con due sganassoni, chiuderla in camera e buttare la chiave, se la prende con il pupazzo che tiene "un piede in due scarpe" (si dice due piedi in una scarpa, comunque). Ah, dimenticavo, abbiamo anche una sorellina che scopre la truffa e sbugiarda il povero cucciolo.

Tintina chiede un consiglio, ma mi sa che quello che ne ha davvero bisogno è proprio il cagnolino: forza cucciolo, non mollare. Resta in quella casa e non fartici schiodare nemmeno con la ruspa. Fai un po' di moine e occhi dolci. Quando quelle tre capiranno che sei l'unico maschio disposto a sopportarle, diventerai il padrone di casa incontrastato.

venerdì 25 dicembre 2009

Precisazione

Tra i tanti commenti positivi registrati, purtroppo alcuni miei post hanno anche urtato la suscettibilità di qualche lettore - uomo, suppongo.
Vorrei precisare - per chi non l'abbia capito (ma come si fa, mi chiedo?)che il tono di questo blog è assolutamente ironico, dunque non c'è spazio per commenti offensivi e polemici.
Poichè il blog è mio e ne faccio quel che voglio, ho la facoltà di non pubblicare quei commenti che si allontanano dallo spirito goliardico che lo caratterizza.
Dunque, se siete misogini, se siete stati appena scaricati, se non avete digerito il pranzo di Natale o vi è andato di traverso il panettone, girate alla larga da qui, perchè non vedrete mai pubblicati i vostri commenti.
Buonanotte e domani tenetevi leggeri, che è meglio.

martedì 22 dicembre 2009

ex-natalizio

Natale è alle porte e anche questo blog chiuderà per ferie. Ma non prima di aver dato il giusto spazio all'argomento "ex-fidanzati e regali di Natale".

Per una volta sono dalla parte degli uomini. O quasi. Uomo-regalo è un binomio che fa a cazzotti. Sono vicina a tutto il popolo maschile che la vigilia di Natale annaspa ancora tra robot da cucina e babydoll. Perchè, diciamolo, noi donne pretendiamo troppo. Ci aspettiamo che l'aver detto un mese fa "quanto mi piacciono le perle!" possa essere una buona traccia. E non ci vogliamo rendere conto del fatto che gli uomini hanno la memoria di un merluzzo.
Comunque io apprezzo la buona volontà. Quella sì. Quando c'è impegno e dedizione, non è il caso di fare una tragedia se ci si trova a scartare un'aspirabriciole. Chissà quante volte ci siamo lamentate del fatto che lui, mangiando in piedi, sparge briciole ovunque. Ha fatto due più due, il premio Nobel, e ha pensato all'aggeggio per zittirci. La sua logica ce l'ha. Certo, in alcuni casi anche lanciare l'aspirabriciole dalla finestra la sua logica ce l'ha. Soprattutto se l'anno scorso se ne è venuto con uno spremiagrumi e l'altro anno ancora con un levapelucchi.

Lo ribadisco, noi donne siamo troppo difficili, a volte proprio impossibili.
Una volta un mio amico mi chiese un consiglio e, capendo che era orientato sul casalingo, gli feci una lavata di testa su quanto le donne odino regali per la casa e lo indirizzai su qualcosa di più personale, intimo. Per l'appunto, il poverino scelse un completo intimo. Forse assecondò troppo le sue fantasie erotiche perchè la fidanzata glie lo scagliò contro urlando "per chi mi hai presa?".
Quando me lo raccontò non sapevo cosa dire. Alla fine conclusi "vabbè, magari per la Befana regalale la macchina spara-biscotti".

In ogni caso io ho sempre cercato di risolvere il problema alla radice. Poche volte a Natale sono stata fidanzata. E quelle poche volte le ho rimosse.
Ne ricordo soltanto una. Il mio ex-natalizio si ficcò la mano in tasca per estrarne il mio regalo, ma proprio non riusciva a tirarlo fuori. Più piccolo è meglio è, pensai. Ma il pacchetto di cartoncino color albicocca dimezzò le mie speranze.
Lo aprii e mi resi conto di aver bisogno di un paio di occhiali.
Mi parve di vedere un microbo appeso ad un'impalpabile catenina d'argento.
Adesso, dico, va bene che basta il pensiero, ma se il pensiero è generato dalla taccagneria, no che non va bene più. Anche perchè stiamo parlando di uno a cui i soldi non mancavano affatto.
"Carino" dissi fredda. Poi mi ricordai che per il suo regalo avevo speso una vera cifra, quindi aggiunsi sardonica: "Però sembra uscito dall'ovetto Kinder".
Lui si rabbuiò e precisò :"è fine".
"Su questo non c'è dubbio. Invisibile è l'aggettivo giusto".
Il tizio rincarò: "E' solo che sei abituata a portare cose più vistose".
"Appunto, ci sarà un motivo. Forse mi piacciono?"
"Può darsi, ma a me piace che la donna che sta accanto a me porti oggetti di questo genere".
Tutta l'aura sacra natalizia mi abbandonò e fui presa dai Turchi.
Non ricordo cosa gli dissi, ma ricordo la conclusione: "...quindi questo stagnetto da quattro euro e cinquanta te lo tieni e te lo conservi per la prossima donna che ti starà accanto."
Lui fece la faccia del coniglio stanato. Evidentemente avevo azzeccato in pieno la cifra. Il vigliacco decise di giocare l'ultima carta.
"Come ti permetti?! Questo è oro bianco e quello è un diamantino!"
Per qualche istante gli credetti e temetti di aver appena fatto la più clamorosa figuraccia della mia vita. Poi però vidi il cartoncino albicocca. Ma quale oro bianco e diamantino. Guardai bene la catenina e a gran fatica individuai il codice dell'argento impresso sul gancetto: 925. Ma poteva bastare anche solo guardare il color prugna delle sue guance.
E' incredibile quanto certi uomini, in apparenza rispettabili, siano capaci di rendersi miseri agli occhi di una donna.

Comunque ormai sono diventata troppo abile nel catalogare i regali natalizi:
regalo comprato il 24 dicembre alle ore 18, regalo comprato insieme alla mamma, regalo riciclato, regalo comprato sotto l'effetto di droghe... e sono giunta alla conclusione che il miglior regalo è quello che si chiede espressamente.
Una mia amica disse al ragazzo: "Voglio quella borsa di Hermes e pazienza se ti devi vendere la Vespa per comprarmela." Giuro che lui così fece.
Male per quelle ragazze che tengono alla sorpresa. Molto male.
Lo ripeto: uomo-regalo è un binomio che fa a cazzotti.
Rassegnatevi. A meno che non siate intenzionate a tirarli, i cazzotti, se il regalo non è quello giusto. Ma chi ve lo fa fare? Vi rovinate il Natale e anche le mani.

lunedì 21 dicembre 2009

Il poeta

Che sia chiaro: alcune donne ucciderebbero per un esemplare così. Ma altre no. E se sei del fronte del "NO", un poeta è più indigesto di un peperone ripieno.
Anche perchè ci sono poeti e poeti. Quelli autentici non sanno nemmeno di esserlo e mai si definirebbero così. Scrivono più per se stessi che per gli altri.

Il poeta di questo campionario invece è tutt'altra razza. Si autodefinisce "poeta" e già questo basta a farmi girare le scatole, anche perchè nella maggior parte dei casi lo fa perchè:
A) Vuole far colpo sulle ragazze
B) Non è soddisfatto della propria qualifica reale (dott., ing., rag., sig., ecc) e cerca di prenderne le distanze
C) E'un esaltato.

Tanto per cominciare il poeta ama fare citazioni. Diffidare sempre di chi cita Leopardi mentre si mette le dita nel naso, o cose simili.
Il poeta che ho conosciuto io era di un noioso letale.
Si definiva uno scapigliato, un dannato.
Scapigliato lo era perchè in testa c'aveva un pagliaio incolto e bisunto.
Era pure dannato: un dannato imbecille.

Quando andavamo a ballare, all'improvviso scompariva.
Lo ritrovavo sempre accucciato su un divanetto, come se lo avesse aggredito uno sciame di vespe.
"Che diamine ti prende!"
"Sto pensando alla vacuità della vita, al vuoto di questi giorni, all'effimero dell'esistenza, a te che balli e non ti rendi conto che la tua vita sta scorrendo.."
"Ho capito. Ma non ci puoi pensare in un altro momento?"
"Ogni momento è quello giusto"
"Sì, vabbè, Lavazza Crema e Gusto."

Una sera scese con "I fiori del male" sottobraccio. Io feci finta di niente sperando che fosse un'illuisione ottica. Ma lui mi disse con sorriso ispirato: "Stasera siamo in tre". "Ah, viene anche Vittorio?". Macchè.
"No, portiamo con noi anche Baudelaire".
"Sei sicuro, non lo vogliamo lasciare a casa, sai com'è l'età, fa freddo, poi non so se la birreria sia il suo genere..."
No, doveva venire con noi anche il povero Baudelaire.
Scelsi il tavolo più nascosto del locale e ordinai un boccale di birra alto quanto me.
Mentre il poeta mi leggeva versi ad alta voce, io pensavo alle popolazioni delle isole Vanuatu, all'effetto serra, al mio smalto, alle prossime vacanze, a cosa fare della tredicesima, ecc.ecc.
All'improvviso vidi entrare nel locale un gruppo di ragazzi tra cui uno che mi era sempre piaciuto. Mi sarei fatta impiccare piuttosto che farmi vedere in compagnia di un pupazzo incravattato che distruggeva Baudelaire in birreria.
Mi alzai di colpo dicendo "io ho caldo, mi avvio fuori". Barcollando raggiunsi l'uscita. Il ganzo mi vide e mi chiamò.
"Hei, ciao, sei da sola?"
"Emmm..Ciao! Io? Sì, cioè no.."
"Bevi qualcosa con noi?"
"Un'altra volta. Ora ho una questione da risolvere"
"Ma mica stai con quello lì?"
Il poeta era in piedi con il suo libro stretto alla giacchetta che si guardava intorno con aria smarrita.
"No, ma quando mai."
Mi catapultai fuori sbattendo prima contro una cameriera poi contro un tavolino.
Meglio essere presa per imbranata che per fidanzata di quell'ameba!

Il colpo di grazia il poeta se lo diede da solo quando dimenticò il suo cellulare nella mia borsa. Controllare il cellulare del proprio ragazzo è una cosa che non bisognerebbe fare. Ma che è meglio fare.
Tra i messaggi inviati, il mio nome era solo uno dei tanti. Quei penosi versi che inviava a me e che io subito cancellavo per l'imbarazzo di dover ammettere che il mio fidanzato era un ridicolo, li inviava anche ad ANNA, MARIKA, SERENA, GRAZIA...
Non si prendeva la briga di cambiare nemmeno una virgola.
Ma la cosa sconcia era che ANNA e company gli rispondevano con un coro di "che dolce che sei", "che belle parole", "sei unico", "grazie di esistere".

Quel cellulare era un'offesa:
1) a me
2) in un certo senso anche ad ANNA e company.
3) alla poesia (vera) e alla lingua italiana.

Pertanto doveva morire. Così scomparì per sempre nel bidone sotto il balcone di casa mia. Ma prima dell'omicidio mandò un sms a tutta la sua rubrica: "SONO UN FOTTUTO IDIOTA".

giovedì 17 dicembre 2009

Il giocoliere

Di uomini giocolieri, quelli che cercano di far stare in equilibrio due o più relazioni, ne è pieno il mondo.
Pur essendo tutti deprecabili, alcuni sono davvero bravi, altri un autentico disastro. Io ne ho conosciuti diversi, ma uno merita la palma d'oro del cavolfiore. Per fortuna non posso definirlo un ex poichè nemmeno si instaurò una vera relazione, ma posso serenamente definirlo un idiota.
Conobbi questo tizio ad una festa. Non era affatto bello, e nemmeno chissà quanto simpatico, ma si nutriva di un sontuoso ego che mi incuriosiva. "Se ci crede tanto" mi dissi "qualche ragione deve avere". Ero troppo giovane per sapere che pochi hanno davvero motivo di essere esaltati. Lui dovette carpire la mia curiosità perchè mi si avvicinò e con occhio fisso da trota salmonata mi chiese un appuntamento. Credo fosse il suo modo di far notare meglio alle ragazze che aveva gli occhi celesti.
Mi mantenni sul vago e ci accordammo per un caffè al bar dell'università il giorno dopo. Volevo prima raccogliere qualche informazione su di lui. Ero giovane ma non scema. E comunque l'occhio lesso non mi aveva proprio fatta impazzire.
Chiesi un po' in giro e appresi che il trotone era fidanzato da molti anni con una specie di pia donnina a lui immensamente devota.
Il giorno dopo all'università sparai subito la mia cartuccia: "E la tua fidanzata?" Il giocoliere non si scompose:
"Ah. Lei non è una cosa che ti interessa".
"Ok, allora nemmeno tu sei una cosa che mi interessa."
"No, volevo dire che lei non ti deve preoccupare perchè non è proprio una fidanzata".
"E che cos'è? Una tata svizzera?"
"E' un'amica. Ma lo sa che io devo vivere la mia vita."
"Ho capito. E anche lei vive la sua vita?"
"No, che c'entra."
"Ecco appunto, lo immaginavo."
Ma lui, abituato a schivare le rapide, fu abbastanza abile da cambiare argomento e iniziò tutta una filippica su quanto fosse rimasto attratto da me, dal mio atteggiamento, dalle mie movenze, blablabla.
Continuavo a non essere convinta nè attratta, ma a quell'età i complimenti sono un ottimo cibo per l'autostima e non fanno ingrassare, quindi accettai l'invito per un altro caffè, sempre all'università, il giorno successivo.
Mentre eravamo ancora seduti, si avvicinarono due mie care amiche, che qui chiamerò Sara e Lara. Le invitai a sedersi e loro, fiutata l'aria di gossip, lo fecero ben volentieri. Il giocoliere diede il meglio di sè sfoggiando simpatia, cultura e intelligenza. Per un po' mi sembrò addirittura carino.
Nel frattempo si era fatto tardi e io dovetti scappare perchè il mio corso sarebbe inziato di lì a poco. Sara e Lara invece rimasero in compagnia del salmonato, che gentilmente si era offerto di dar loro un passaggio a casa. Evidentemente il viscido aveva calcolato che ogni ragazza apprezza incredibilmente che le proprie amiche vengano trattate con garbo. Infatti io apprezzai e quasi cominciai a rivalutarla, la bestia pinnata. Mi ripromisi un giro serale di telefonate con Sara e Lara per registrare tutti i commenti positivi sulla mia nuova conquista.
Il giro di telefonate ci fu, ma i commenti furono di tutt'altra natura. Quell'aborto di marpione aveva chiesto ad entrambe un appuntamento. A Sara approfittando di un attimo in cui Lara era andata in bagno e, durante il tragitto in auto, a Lara subito dopo aver accompagnato Sara.
No, dico..si può essere più imbecilli di così?
Il pesciazzo si credeva tanto irresistibile da irretire tutte e tre, confidando nel fatto che ognuna di noi, già innamorata stordita, non avrebbe mai confidato alle altre il meraviglioso segreto.
Ma è matematico che se sei un pesce così cretino prima o poi ci finisci tu nella rete.
Dopo aver scaricato a raffica tutto il nostro repertorio di insulti, io e le mie amiche ci incontrammo d'urgenza per studiare un piano. Sara lo chiamò e gli disse che era rimasta molto colpita da lui e voleva vederlo quella sera stessa, davanti all'edicola della stazione. Lui, figuriamoci, talmente ubriaco del suo ego, accettò con la bava alla bocca. Molto bene, pronto per essere cucinato con pennette e vodka.
All'appuntamento ci presentammo tutte e tre.
Non dimenticherò mai quello sguardo vitreo e quella bocca ridotta a uno sgorbio contratto quando sgommammo con i nostri motornini a due passi da lui e ci levammo il casco. Ci sentimmo molto Charlie's Angels in quel momento.
Esordii io "Aspetti qualcuno?"
Lui fece un passo indietro e balbetto una specie di "no".
Sara continuò: "noi sì, aspettiamo un coglione, ne hai visto uno in giro?"
L'esemplare rispose qualcosa che non capimmo e fece altri due passi indietro.
Lara concluse: "strano, dovresti averlo notato, un coglione come lui non s'è mai visto".
Il salmone-coglione indietreggiò ancora, voltò le spalle e cominciò a correre, lasciando per strada l'ultimo brandello di dignità che gli era rimasto.

Ricordo che noi tre avemmo grandi problemi nel riuscire a far ripartire i nostri motorini, tanto eravamo sderenate dalle risate.

In effetti questo tizio è proprio la vergogna della categoria dei giocolieri. Roba che il più banale degli sposati con amante ventennale, in confronto può essere definito un Einstein del settore.

Comunque ho saputo che ha sposato la sua devota. Poverina. E che ancora prova a fare il giocoliere, ma che le palle che usa per giocare continuano inesorabilmente a cascargli sulla testa.

mercoledì 16 dicembre 2009

Lo sbrodolone

Signori, che jattura gli sbrodoloni!
Quelli che masticano con le fauci spalancate, che succhiano dal cucchiaio o, peggio, dal bicchiere, quelli che degustano il boccone schioccando rumorosamente la lingua sul palato...
Purtroppo quasi tutti i miei ex appartenevano a questa categoria. Che dramma. "Tutto sommato non è poi così grave" mi dicevo. E invece lo è. Tempo fa lessi di una signora settantenne che aveva ammazzato il marito per questo motivo. Mangiare è la cosa che si fa più spesso insieme - soprattutto con il passare degli anni - e avere di fronte uno sbrodolone può essere una tragedia, a meno che non si diventi cieche e sorde.
Uno dei miei ex mangiava e sputacchiava qua e là, lasciando attorno al piatto un cimitero di cadaverini. Quando gli chiedevo di fare attenzione, faceva la faccia da labrador influenzato e cominciava a masticare con la bocca sigillata come al rallentatore. Chiaramente lo sforzo durava pochissimo.
Un altro macinava il cibo come un maniaco stile Shining: sguardo perso nel vuoto, sorriso vago e denti ben in vista. Ricordo la sofferenza nello stargli di fronte mentre masticava le fette biscottate a colazione.
Poichè era anche permaloso, quando glie lo facevo notare lui ribatteva con cose del tipo "beh, allora questo rossetto ti sta male". "Ok, può darsi, ma cosa c'entra?". Bofonchiava qualcosa e riprendeva la sua opera.
Ma il vero sbrodolone, quello che ha dato il nome alla categoria resta imbattibile. Per lui il cibo era poco più di un mero rifornimento organico. Mangiava senza assaporare, semplicemente infilava in bocca, impastava e ingoiava. Tutto con una lentezza estenuante. Soprattutto con la bocca semiaperta, cosicchè, masticando, pian piano resti alimentari fuoriuscivano e gli si spalmavano intorno alle labbra. Una volta andammo a pranzo da sua nonna. La poverina aveva fatto i fusilli con il tradizionale ragù di carne e pomodoro. Io sedevo di fronte allo sbrodolone e lo guardavo infilare i fusilli in bocca come filo di cotone nella cruna dell'ago. E tutto il sugo sparso attorno alla bocca. A metà piatto pareva Cicciolina con il rossetto sbavato.
Approfittai di un attimo di distrazione della nonna e gli suggerii di darsi una ripulita. Lui, linfatico, prese il tovagliolo di lino candido e vi stampò su una tenue strisciata rosso arancio. Con ribrezzo mi accorsi che la stessa strisciata era impressa sulla sua faccia. Era talmente molle nei suoi gesti che non sapeva nemmeno pulirsi il muso. Adesso pareva Cicciolina dopo un bacio con un procione lavatore! Ma l'apice si raggiunse quando la nonnina portò a tavola i bocconcini di mozzarella di bufala, quelli che quando li mordi devi stare davvero attento a tenere la bocca ben chiusa altrimenti il siero di latte schizza sulla faccia dei commensali.
Lo schifoso si inserì tra le labbra un bocconcino intero e subito il liquido biancastro cominciò a colargli lungo il mento, miscelandosi con il sugo di pomodoro. Ero ad un passo dal vomito. La cosa strana era che la nonna sembrava non accorgersi di quanto fosse rivoltante il suo nipotino. Forse iniziava a diventare cieca.
Al momento del dolce - una piramide di profitteroles cioccolato e panna - non ce la feci più.
Chiesi scusa, mi alzai, dissi che avevo bisogno di un po' d'aria e uscii sul balcone.
Lo sbrodolone si offrì di accompagnarmi, così con mezza faccia impiastricciata anche di cioccolato e panna. "No!" Urlai quasi. "Tu finisci il dolce, io fumo una sigaretta e poi andiamo a casa". Tu a casa tua, io a casa mia, aggiunsi mentalmente.

martedì 15 dicembre 2009

il piagnone

I piagnoni sono tanto penosi quanto imbarazzanti.
Chiariamoci subito, non è che io abbia qualcosa in contrario sugli uomini che piangono. Non c'è nulla di male lasciarsi andare ad un pianto liberatorio in un momento di tensione, sconforto o dolore. Ma aprire i rubinetti alla prima occasione e disperarsi come un bimbo al primo giorno di asilo, no.
Purtroppo ho beccato anche il piagnone.
Durante i primi tempi si conteneva. Ogni tanto gli scappava la lacrimuccia dinanzi ad un bel tramonto o ad un film struggente. E fin qui, nulla di male. Io cercavo di non sottolineare queste manifestazioni. Erano momenti intimi, tutti suoi e preferivo starne fuori, al limite dimostrare la mia presenza con una mano sulla sua. Ecco, diciamo che l'idea di piangere abbracciati sul divano davanti al dvd di Ghost, non mi allettava, ma se lui sentiva di farlo da solo, non mi scandalizzavo.
Poi però le cose tra noi si misero male e io decisi che era ora di cambiare aria. Anche perchè scoprii che le sue erano troppo spesso lacrime di coccodrillo.
Iniziai così la penosa procedura per il lascito.
Prima il momento di confusione, poi il "non so cosa provo per te", poi ancora la pausa di riflessione, insomma il solito iter, che ben presto però si trasformò in una discesa in canoa lungo un fiume in piena.
Ad ogni tappa lui apriva le tubature e versava litri di lacrime.
Francamente non riuscivo proprio ad essergli di aiuto. A qualsiasi cosa dicessi, seguiva un altro zampillo. Non ne potevo più di quell'allagamento.
Ricordo che in quel periodo non uscvo mai senza un pacco famiglia di fazzolettini. Solo una volta li dimenticai e la scena fu disgustosa.
Lui oltre ad essere disperato era anche raffreddato, quindi iniziò a buttare giù dal naso un fiotto inarrestabile di liquame verdastro.
Non sapevo come arrestare l'emorragia e decisi ad un certo punto di tenermi un po' distante nel caso gli venisse in mente di abbracciarmi.
Lui pareva non accorgersi del fiotto e continuava a supplicare impastando lacrime e muco. Che schifo! Ad un certo punto si rese conto che il versamento stava per arrivare al collo della camicia e si portò la mano al viso, e poi..Orrore! raccolse una manata di liquido e lo scrollò a terra. Così, come quando ci si sciacqua le mani e si fa sgocciolare via l'acqua nel lavello.
Il piagnone colse la mia espressione orripilata e urlò: "Che c'è? Adesso ti faccio anche schifo?"
"Scusa, è che..non hai un fazzolettino?"
Fu come se avessi dato un'accettata ad un tubo fognario. Per poco non mi beccai in faccia quella pioggia di moccio impazzito.
Gli dissi, "aspetta vado a cercare un fazzolettino".
Ma da lontano lo vidi pulirsi con la sciarpa e non tornai più.

il finto -generoso

Una cosa che non ho mai potuto tollerare negli uomini è l'essere spilorci. L'ho sempre associata all'aridità nelle manifestazioni affettuose. Quindi alla larga gli avari! Peccato però che molti all'inizio si mascherano da generosoni e poi, nel tempo, si rivelano dei tirchi disgustosi.Questa categoria è davvero difficile da individuare di primo acchitto.Nel mio caso era davvero impossibile.Questo mio tale ex all'inizio fece per me cose da paura: fasci di rose a tutte le ore, bottiglie del migliore champagne francese, cene nei più eleganti ristoranti della città, regali costosi e particolari.Io ero lusingata e affascinata, tuttavia qualcosa mi lasciava perplessa e mi impediva di lasciarmi andare del tutto. Più lui percepiva questa mia sottile diffidenza più aumentava il calibro dei regali.Comunque lo lasciai, un po' perchè i fasci di rose non mi hanno mai detto niente, un po' perchè stavo ingrassando troppo a furia di cene e cenette, ma soprattutto perchè il tipo non me la contava giusta.Però lui si disperò e fece fuoco e fiamme per riavermi. Stupita, mi lasciai intenerire e dopo qualche tempo decisi di tornarci insieme. Grave errore. Ogni lasciata è persa; così dovrebbe essere anche con i fidanzati. Zac! Persi per sempre. E invece no, come una citrulla, ci ricaddi.Mentre mi organizzavo su come fargli capire che non era necessario alimentarmi con i fiori e che ogni tanto una pizzetta in piedi andava benissimo, colpo di scena.Il bestione aveva fatto il pazzo per riavermi, ma evidentemente il suo ego malato era rimasto ammaccato. In cuor suo, credo, decise che non meritavo più le sue manifestazioni e la pioggia di generosità cessò di colpo. Da un giorno all'altro mi ritrovai accanto un tirchio da manuale,oltre che un viscido demolitore di tutto ciò che mi riguardasse (il mio abbigliamento, il mio fisico, le mie opinioni, ecc.)Mi ritrovai diverse volte a pagare i conti al supermercato, a pagare i biglietti del cinema e ricaricare il suo cellulare. Al mio compleanno si presentò a mani vuote e a Natale con un pigiamino di pessima qualità.Al ristorante continuavamo ad andarci perchè era lui ad insistere. Io infatti non mangiavo quasi niente mentre lui ingoiava l'impossibile, non a caso pesava più di un quintale. Lì continuava a pagare lui, ci mancava altro, eppure trovò il modo di farmi pesare la cosa. Un tempo espletava le operazioni di pagamento da gran signore: faceva un cenno del capo al cameriere, guardava l'importo distrattamente senza tradire alcuna emozione, tirava fuori le banconote o la carta di credito dal portafogli e li infilava discretamente nel portaconto, nascondendo scontrino e soldi alla mia vista.Nell'atto secondo, invece, inscenava questa volgarissima sequenza: chiedeva il conto ad alta voce, lo guardava, spalancava gli occhi, cominciava a controllare che fosse tutto in regola, poi sbruffava un pochino, estraeva faticosamente i soldi dal portafogli e lasciava il tutto in bella vista, rigirando il conto in modo che io potessi leggerne l'importo.Finalmente stufa di questa commedia, decisi di porre fine anche all'atto secondo. Ma volli farlo a modo mio. Gli chiesi di portarmi in uno dei più costosi ed eleganti ristoranti della città. Mi ci presentai con jeans stinti e scarpe da ginnastica sporche.Lui iniziò a criticare il mio aspetto e non si accorse che avevo ordinato un filetto di angus al pepe rosa della Martinica in salsa di cocco della Cambogia che gli sarebbe costata quanto una cravatta di Marinella. Mentre lui era passato a parlare di una mia cara amica, distruggendola moralmente, io chiedevo al cameriere anche una tagliata di vitellina in besciamella agli aromi medievali che valeva quanto un paio di scarpe Ferragamo da abbinare alla cravatta. Aggiunsi tre porzioni miste di verdure flambè che equivalevano a calzini, sciarpa e cintura Valentino.Man mano che vedeva arrivare i piatti ordinati, il bestione si imbufaliva."Ah, vedo che abbiamo fame stasera!"Verso la fine, andando in bagno chiesi al cameriere il conto e una bottiglia di vino del'74 (anno della mia nascita) di cui non ricordo il nome - sono astemia e del tutto disinteressata ai vini - e neanche il prezzo. Solo che con quei soldi, il tirchio avrebbe potuto comprare un vestito Armani cui abbinare tutti gli accessori sopra indicati.Quando il cameriere si avvicinò con bottiglia e conto che la comprendeva, mi strinsi nelle spalle come una bimba, con le mie scarpe sudicie allineate, pronta a godermi la scena. Il poveraccio ne ebbe ben ragione questa volta di spalancare gli occhi."Ma ti rendi conto e che...""Conto?" lo aiutai a finire."Perchè hai preso questo vino se non lo bevi neanche, e tutta questa roba? Non hai mangiato niente!""L'ho fatto per te. Perchè io ora mi alzo e me ne vado e tu resti da solo a finire. "E così me ne andai a piedi. Ecco perchè avevo messo le scarpe da ginnastica e avevo scelto quel ristorante non troppo lontano da casa mia.

Il miope

Uno dei miei campioni era miope parecchio. Tanto che senza lenti a contatto portava degli occhialoni che da viveur di provincia lo mutavano in un pessimo Woody Allen. La sua vita di bellimbusto dipendeva dalle lenti a contatto. Con gli occhiali diventava davvero ridicolo e improbabile. Una volta ebbe una congiuntivite che lo obbligò a portare i fondi di bicchiere per una settimana: trascorremmo sette giorni da frati trappisti chiusi in un rifugio sulle alpi apuane.
Altro dramma era rappresentato dal fatto che non era capace di mettersele da solo quelle dannate lentine. Solo la sua mamma poteva farlo.
Una volta, sul finire della storia, mi disse di farmi bella perchè voleva portarmi a cena fuori. Quelle cose patetiche per salvare il salvabile insomma. Io avevo già il colpo in canna. In una delle sue pause di riflessione, tanto per capirci, aveva pensato di esercitare il suo fascino senzocchiali su più d'una signorina.
Comunque io ero già pronta da un pezzo e lui non arrivava.
Lo chiamo e lui mi fa "Scusa, ma mamma non è ancora rientrata, sai le lentine.."
Ok. Altra mezz'ora e richiamo.
"Scusa tesoro, mamma è tornata ma è in bagno"
Altra mezz'ora e richiamo, ormai isterica.
"Eh, amore e che ci devo fare, mamma sta mangiando un gelato".
Ok. Adesso basta. La talpa abitava non molto distante.
Scesi da casa e inforcai la strada a testa bassa come una falciatrice spinta da un esercito.
Se avessi incontrato il capo degli ultrà avrei falciato anche lui.
Nel frattempo mi arriva un sms "mamma ha finito il gelato, ma adesso sta pulendo le spigole per papà, un attimo di pazienza".
Gli eserciti diventarono due.
Arrivai sotto casa sua e pigiai sul tasto del citofono come una matta.
"Scendi coglione", gli intimai sibilando.
"Amore, ma.. che fai qui, ma c..che dici.."
"Ho detto SCENDI COGLIONE!"
Evidentemente mammina era ancora alle prese con le spigole perchè l'orbo aprì il portone esibendo cinque centimetri di vetro per occhio.
Abbozzò un tentativo di spiegazione "Cucciolina mia, è che mamm..."

Mi partì un gancio destro che fece sbalzare gli occhiali dal suo nasone e li fece fracassare sul selciato.
Lui rimase senza parole ma io aggiunsi.
"E adesso le lentine sai dove te le puoi far mettere da mammina?".

Bestiario degli ex

Ogni post avrà un titolo dedicato all'ex di turno. Ma attenzione: non è che ad ogni post corrisponda un ragazzo diverso. Per carità! Ho avuto la lucidità di fidanzarmi poche volte. Il fatto è che ogni ex ha saputo dare il peggio di sè trasformandosi di volta in volta in un esemplare diverso. Li descriverò in ordine sparso, non farò nomi e cercherò di non renderli riconoscibili, per una questione di privacy. Forse qualcuno si riconoscerà, o crederà di riconoscersi. E sono certa che se la prenderà. Perchè in questo blog l'elenco di ex è infinito, soltanto uno manca all'appello: l'ironico.

Parliamo di ex

La fine di una storia dovrebbe essere accompagnata da una pillola che fa dimenticare tutto. Perchè se è finita che senso ha ricordare tutti quegli episodi che non vorremmo mai raccontare a nessuno?
Sulla pillola, mi pare, ci stanno lavorando, ma nel frattempo come ci comportiamo con tutti quei ricordi imbarazzanti? Li sdoganiamo. Li cantiamo ai quattro venti così da ridimensionarne "l'indicibilità".
Anzi, facciamo così, ricicliamoli! Con i rifiuti fanno case, maglioni e addobbi natalizi. Io con questi ricordi-spazzatura voglio farne risate per chi legge.
Di materiale ne ho a sufficienza per un libro intero. Tra esperienze dirette e indirette questo blog potrebbe essere infinito.
Bene...cominciamo.