domenica 21 febbraio 2010

Il Mastrolindo

Una mia lettrice, Angie, mi segnala un ex-emplare su cui mi vorrei soffermare: il Mastrolindo.
Già, perché il soggetto in sé mi sembra piuttosto qualitativo. Personalmente non ne ho mai conosciuto uno, se non quello sull'etichetta del detersivo, ed è per questo che ne sono incuriosita.
Fisicamente Mastrolindo male non è, soprattutto se piace il tipo rude con capelli tutti da immaginare.
C’avrà la quinta elementare, ma di questi tempi non si sottilizza più.
Soprattutto ha i bicipiti da wressler. Uno così ti fa i pavimenti come quelli dell’aeroporto di Barcellona: sono talmente lucidi che riflettono quello che c’è sotto le gonne. Le viaggiatrici hanno protestato furiosamente contro questo suolo guardone e proposto un trattamento “mat”. Il direttore dell’aeroporto ha fatto finta di niente. Non è mica mat.

Tornando al nostro ex-emplare, io lo trovo comodo. Con un Mastrolindo in casa ti resta il tempo per fare un sacco di cose, che altrimenti non faresti mai. Non so, ad esempio controllare che prima di uscire i capelli siano in ordine anche sulla nuca.
L’altro giorno sono stata taggata in una foto su Facebook. Che sia stramaledetto quel pollaio virtuale! Sono ad una festa che ballo di profilo. A parte che sembro una scimmia cappuccina, ma poi quei capelli… Ero in ritardo e non ho fatto in tempo a passarmi la piastra come si deve. Tutto sommato mi sembrava che stessero bene. E invece ho due ciocche lisce come anguille sulle tempie e un cespo di lattuga sul retro.
Tornando alla lettera di Angie, mi rendo conto che non deve essere tutto rose e fiori con questi Mastrilindi.
Ve bene l’ordine e la pulizia, ma a lungo andare Angie si è un po’stufata di quest’uomo-ramazza ed ha approfondito il problema. Male, Angie. Dietro un problema non c’è mai una soluzione, solo un problema più grande. Infatti Angie ha scoperto una bella mamma nevrotica ossessiva da manuale. Una della razza più subdola. Quella che proclama una cosa e ne fa un'altra. Angie mi racconta che si tratta di un’accanita seguace delle filosofie orientali secondo cui “i figli vanno scagliati lontano come lance”. Ma non tanto lontano da non poter tornare ogni domenica mattina per lucidare tutta l’argenteria. Secondo me ogni madre dovrebbe insegnare ai propri figli le regole basilari del vivere in casa e farsi aiutare a tener su la baracca. Ma condannarli ad aspirapolvere forzata e straccio a vita, non si fa. Né con i maschi, né con le femmine. A meno che non decidano di pagargli i regolari contributi. Me la immagino la santona in caffettano che accende bacchette di incenso e impartisce ordini al pargolo: “Forza tesoro, mens sana in casa pulita. Lì lì, nell’angolo non hai ripassato.”
Che poi ognuna di queste vittime reagisce a modo proprio. Io ne conosco alcuni che in seguito si sono rifiutati persino di tirare lo sciacquone del bagno. E lì mi sa che il divorzio alla Sacra Rota ci sta tutto quanto.
Altri, come l’ex di Angie, si infilano il grembiulino subito dopo una cenetta a lume di candela e cominciano a scrostare le gocce di cera dalla tovaglia per finire a spolverare le foglie del filodendro mentre una poverina li aspetta in camera da letto con il babydoll fucsia addosso. Quello due taglie fa, che stringe così tanto che non si riesce nemmeno a dargli uno strillo. Quando si decidono a raggiungerla, lei ormai si è infilata il felpone grigio e russa come un procione. Loro fanno spallucce e concludono che a quel punto c’è tutto il tempo per asciugare bene i bicchieri. E che quella pezzuola fucsia ai piedi del letto è perfetta.
E no, così non va. Non ci siamo.
Il seguito della lettera di Angie chiarisce definitivamente perché il Mastrolindo sia una razza pericolosa. Uno così, a furia di detergere e lucidare, alla fine crolla. E dove va a pescare? Nel torbido.
E se ne torna dalla pesca con un’amante pericolosamente identica alla mamma santona.
No, no..too complicated for me!
Lascio a Mister Freud tutte le spiegazioni del caso e mi ritiro.
Angie, fai una cosa. Per evitare spiacevoli ricadute, la prossima volta che hai bisogno di una mano in casa, chiama una colf.

sabato 13 febbraio 2010

La protocognata Viola

Dopo la storia di Peri, non posso non parlare di Viola (che sta per Violenta).
Viola, al contrario di Peri, non era per niente gelosa del fratello, anzi, lo schifava con tutto il cuore. Non ho mai ben capito le radici di quell’odio ma mi sembra di ricordare che c’entrassero le selezioni dello Zecchino d’Oro. Pare che la piccola Viola, vinta dall’emozione, avesse annaffiato il palco con una lunga pipì e che il fratello lo avesse spifferato a tutto il mondo e, nel caso in cui a qualcuno non fosse stato chiaro, aveva corredato il resoconto di un ritrattino della sorella con microfono e laghetto giallo ai propri piedi.
La vendetta di Viola contro Caino iniziò da quel momento in poi.
A sette anni gli mozzò lo spadino del costume di Zorro, a dieci gli mise a mollo l’album Calciatori 85-86, appena completato con l’introvabile figurina di Laudrup, a dodici gli vuotò un pacco di zucchero nel serbatoio del Ciao.
Probabilmente Viola avrebbe anche dimenticando il tradimento dello Zecchino, ma devo dire che il fratello persisteva in atteggiamenti parassitari e fastidiosi. Una tosta come lei non poteva tollerare di essere imparentata con uno streptococco. Quindi aveva deciso di buttarlo fuori da quella casa, vivo o morto.
Per superare il gap fisico che li separava, Viola, che aveva tre anni meno del fratello, si specializzò in arti marziali. Quando uscì il film Kill Bill, i genitori la trattennero a stento dal volare in Giappone per procurarsi una spada katana.
Quando la conobbi io, Viola era tutta un fascio di muscoli e nervi. Il mio ex invece aveva messo su un bel fisico da allevatore di lumache.
Consapevole della sua inferiorità, era terrorizzato dalla sorella e cercava di ingraziarsela come poteva: regalini, fiori, complimenti. Questo non faceva che renderlo più viscido agli occhi di Viola e un po’anche ai miei. A me che ero la sua ragazza non regalava mai niente. Forse per ottenere qualcosa anche io avrei dovuto stampare la mia suola destra su quella sacca di ricotta che portava sotto il maglione.

Comunque se questa era la considerazione che Viola aveva del fratello, immaginate quella che poteva avere di me.
Ha dato segno di accorgersi della mia presenza poche volte, e non è stato mai molto piacevole. Una di queste meno delle altre. Mentre io e suo fratello eravamo seduti sul divano a guardare un film, Viola irruppe nel salone con la bava alla bocca.
“Pezzo di merda, hai usato di nuovo il mio cordless!”
“Io? No, te lo giuro!”
Ma che cuor di leone. Lo avevo visto io giocherellarci solo per il gusto di farla in barba alla sorella.
“Sì, e lo hai graffiato con questo anello da tamarro che porti al dito!”
“Ma vedi che ti sba…”
Il cordless gli volò giusto in bocca. A quel punto l’ameba ebbe un moto di rivolta.
“Brutta troia mi hai spaccato un labbro!”
Ecco qui, adesso ci ammazza.
Mi ero appena catapultata dietro il divano quando sentii prima un “toc” secco, poi una serie di colpi, lamenti e rantolii.
Il mio ex le stava prendendo di brutto da una Viola Karate Kid.
E chi si azzardava a levarglielo da sotto.
Quando feci capolino dal mio nascondiglio, lui era a terra in posizione verme-pallina e lei continuava a calciarlo come un vecchio tappeto. Mi fece pena e tentai una debole mediazione: “Vabbè, dai, ormai è praticamente morto…”
Viola mi guardò come se avesse appena registrato la mia presenza e sibilò:
“Stai zitta velina, questo stronzo lo picchio da una vita e non muore mai.”

Non so se rimasi più colpita dal ripetuto tentativo di omicidio o dal fatto che mi avesse chiamata velina. Cioè, immagino non volesse essere un complimento, ma della velina non ho neanche il nervo sciatico. Probabilmente per lei il mondo femminile era suddiviso in combattenti e veline. Embè, e allora sì. Mi meritavo la categoria.

Ci fu un periodo in cui la picchiatrice si calmò. E il suo calmante si chiamava Gaspare. Per il mio ex fu un periodo d’oro. La sorella prese a rivolgergli la parola, sempre accompagnata da “deficiente”, ma era già qualcosa. Una volta lui le macchiò un libro posato sul tavolo con la tazzina di caffé. Provò a far sparire il cerchietto marrone con acqua, candeggina, borotalco. Ma fece solo peggio, il deficiente, appunto. Quando si preparava ormai a fare testamento, la sorella entrò in cucina, prese il libro, guardò la macchia e sospirò. Poi se ne andò senza aggiungere altro.
Qualcuno quel giorno accese un cero a San Gaspare.
Ormai i rapporti tra loro erano così rilassati che Viola gli chiese addirittura di aiutarla nell’acquisto di un nuovo pc portatile. Lui gasatissimo navigava su Internet giorno e notte per trovarle la migliore occasione. Finalmente saltò fuori l’annuncio di un computer praticamente nuovo che il proprietario vendeva alla metà del prezzo di mercato poiché la ditta che lo aveva appena assunto glie ne aveva fornito gratuitamente un altro.
“Queste sono le occasioni da prendere al volo!”
“Sei sicuro deficiente? Io lo avrei preferito nuovo.”
“Ma questo è nuovo, solo che lo pagherai la metà! Andrò personalmente a prenderlo e lo rivolterò come un calzino. Stai tranquilla, tuo fratello fa le cose per bene.”
“Su questo ho un mucchio di dubbi, deficiente. Comunque questi sono i soldi. Vai e torna con il computer.”
Andammo insieme a ritirare il pc a casa del ragazzo, che fu molto gentile e disponibile. Talmente tanto che il mio ex ritenne poco carino mettersi lì e fare le pulci a quel bel portatile lucente, effettivamente intonso.
Tra una chiacchiera e l’altra, acquirente e venditore scoprirono di avere un sacco di cose in comune.
Ma in un altro punto della città, in quello stesso momento, due persone scoprivano invece di non aver più nulla in comune: Gaspare e Viola.
Quando tornammo a casa con il gioiellino sotto braccio, Viola era tale anche in volto.
“Muoviti idiota, accendi questo coso e levati dai piedi.”
Il fratello intuì che l’effetto Gaspare era svanito e cominciò a tremare con le dita.
Quando il pc si accese rivelando uno schermo limpido e azzurro come il cielo, tirai un sospiro di sollievo.
Ma Viola non battè ciglio.
“Sì, sì, va bene, ma adesso sparisci che c’ho un mal di testa bestial…MA CHE ROBA E’!?!”
Sul desktop stava scendendo la notte. Una banda nera si allargava sempre di più dall’alto verso il basso. Quando il buio fu totale, da un angolo dello schermo spuntò una pantegana con una mascherina sugli occhi, tipo ladro. Il roditore ci guardò per tre lunghissimi secondi, poi fece un cattivissimo ghigno e scomparve in un sinistro lampo di luce.
Il pc era morto. E anche noi.
Viola aveva speso cinquecento euro per essere derisa da una pantegana.
Prima che il fratello potesse fiatare, Viola partì con una gomitata laterale che lo fece ruzzolare dalla sedia. Che tempra, eh? Poi afferrò il cadavere informatico e glie lo scagliò sulla schiena. Infine prese uno dei fili che fuoriuscivano dalla scatola e cominciò a frustarlo come solo una negriera appena mollata dal fidanzato può fare.
Per fortuna intervenne la madre a fermare la carneficina, altrimenti sarei diventata…boh? Una protovedova?

Da quel momento in poi Viola divenne inavvicinabile. Io non salii mai più a casa loro, ma potevo vedere gli effetti del suo malumore sul mio ex.
Ormai la mia formula per salutarlo non era più "tutto bene?" ma "tutto intero?".
Lui si tastava le costole e poi rispondeva.
Se state provando pena per quest’ex-emplare, vi sbagliate.
Decine di volte gli chiesi perché non se ne andava di casa – visto che aveva la possibilità e soprattutto l'età -invece di continuare a prenderle come un somaro.
Vi riferisco qualche risposta in ordine sparso:
“Perché non so farmi da mangiare”
“Perché a casa mia c’è Sky”
“Perché non so farmi il nodo della cravatta”
“Perchè l’impianto Dolby Surround in camera mia mi è costato mille euro”
“Perché a casa solo io so leggere il contatore dell’acqua”

E l’ultima…
“Perché ormai al servizio abbonamenti di Quattroruote ho dato questo indirizzo.”

Embè, allora vai Viola, picchia duro.

giovedì 4 febbraio 2010

La protocognata Peri

Dopo la protosuocera, permettetemi di riesumare un altro tremendo ricordo spazzatura tratto dal parentado dei miei ex: le protocognate.
Ne ho conosciute diverse, ma solo due mi hanno lasciato il segno. Non proprio in tutti i sensi, ma quasi.
Le chiamerò Viola e Peri: diminutivi che stanno rispettivamente per Violenta e Pericolosa
Cominciamo da quest'ultima.
Peri era una psicotica da manuale. Aveva cominciato a sbarellare da che Arturo, suo storico fidanzato, si era ribellato ad una vita di soprusi e l’aveva lasciata per sposare un’altra donna.
A complicare le cose, la gelosia malata che aveva verso il fratello.
Quando seppi che aveva avvelenato la ragazza che mi aveva preceduto con un mix di latte acido e sale grosso, pensai fosse meglio assecondarla.
Le sorridevo sempre e lei faceva lo stesso. Una volta, senza smettere di sorridere mi chiese “Cazzo c’hai sempre da ridere tu?”. Oh-oh. Unica via di fuga: la cucina con protosuocera ai fornelli.
“Signoooora bella! Questa deve essere la vostra…emmm, la vostra famosissima pastina al dado Knorr. Adesso non mi muovo di qui finché non mi insegnate come si fa!”

Una sera eravamo pronti per andare ad una festa, io, l’ex-emplare e Peri.
Mentre ci avvicinavamo alla macchina, lui mi tirò in disparte e mi sussurrò qualcosa all’orecchio:
“Alla ere anti”
“Coooosa?”
Troppo tardi.
Al momento di entrare nel coupé due porte, Peri mi spinse sul sedile posteriore come un cuscinone da divano. Io inciampai nelle mie oscene scarpe con superpunta da sei metri che si portavano all’epoca e finii faccia e tappetino. Lei senza pietà mi regolò il sedile sul fondoschiena e si appollaiò affianco al fratello tutta soddisfatta. Tirai una gamba dentro evitando per un pelo che la squilibrata me l’amputasse con lo sportello.
Allora capii cosa mi aveva bisbigliato quel grosso lombrico: “Falla sedere davanti”.

A quella stessa festa accadde il fattaccio.
Mentre mi aggiravo sola e annoiata nel locale, mi imbattei in Peri che dietro una colonna faceva una visita otorinolaringoiatrica ad un ragazzo con la metà dei suoi anni.
Quando si accorse che l’avevo vista, Peri mi fece l’occhio dell’iguana e si passò la mano di taglio sulla gola.
Il messaggio era abbastanza chiaro.
Anche il ragazzino si spaventò e provò ad allontanarsi, ma Peri lo acciuffò per il collo e riprese a slinguazzarlo furiosamente. Il malcapitato mi lanciò un SOS disperato con lo sguardo.
Fatti tuoi, amico.
Alla fine della festa mi tuffai sul sedile posteriore senza fiatare. Quando l’ ex-emplare mi chiese: “visto che orrenda la cravatta del padre della festeggiata?”, io risposi “No. Stasera non ho visto niente.”
Se la lingua del ragazzetto era probabilmente nel secchiello del ghiaccio, la mia era partita per una gita a Corleone.

Il giorno successivo Peri mi sequestrò prima che mettessi piede oltre la soglia di casa sua.
“Vieni qui. Grazie per ieri. Ti voglio truccare!”
“Ma… non è necessario, sono già truccata…”
“No no, ti voglio truccare per bene. Sono brava sai?”
Il suo sorriso psyco mi strappò un gemito di paura.
“Come dici?”
“No, dicevo…che bello! Ma sì, dai truccami un po’!”
Peri mi aprì le porte della sua camera, cosa mai successa prima. Lì mi prese il panico.
Pareva fosse appena passato un branco di scimmie cocainomani. C’era un caos allucinante.
Mutande, vestiti, giornali, barattoli, piatti, piante, CD, ombrelli, cartacce, contenitori McDonald, lattine, borse, gioielli, bambole, creme, scarpe, candele...
Il tutto dominato da un manifesto sei metri per tre con Peri-sorriso Prozac in abito da sposa e tanto di velo e bouquet.
“Che bella foto…era Ca…Carnevale?”
“Ma quando mai. L’ho fatta per il matrimonio di Arturo. Ne ho fatta affiggere una uguale davanti alla chiesa, per far capire a quella gatta morta che la moglie ideale per lui sarei stata sempre e soltanto io.”
A-i-u-t-o.
“Dai, siediti qui che prendo i trucchi.”
“Qui…do…dove?”
“Che ne so, su questa valigia.”
“Ah. Va bene.”
Purché non contenga il cadavere di Arturo.
Peri cominciò la sua opera farneticante.
“Certo che hai un colorito che è un disastro. ”
Ha parlato Cindy Crawford.
“Eh, lo so, purtroppo. Prova con un po’ di fondotinta.”
“Sì, ma non è che il fondotinta possa fare chissà che. Vedi qui, sei a chiazze. E poi questi zigomi così accentuati ti creano sulle guance una zona d’ombra esagerata. Non so, non so. Vedrò quello che posso fare, ma non ti aspettare un miracolo.”
Ma chi ti ha chiesto niente San Diego Dalla Palma? Ma tu vedi sta psicolabile.
“ODDIO!”
“Che c’è!”
“Hai un occhio più grande dell’altro!!! Mio fratello lo sa?”
“Davvero? Dovrò dirglielo, prima o poi.”
“Sai che per ogni camicia che gli stiro, mio fratello mi da dieci euro?”
Niente di meno. Che fiuto per gli affari, quella caciotta.
“Ah. Ma che carino.”
“Tu sai stirare?”
“Io? Per la verità non molto be..”
“Ricordati che le camicie glie le stirerò sempre io, perché lui è MIO FRATELLO”
Nessuna intenzione di soffiarti il cliente, Strega di Blair.
“Ci mancherebbe altr…”
“SANTO CIELO!”
“Cos’è stato!?”
“E’questo il bracciale che mio fratello ti ha regalato per Natale?”
“Questo? Emm. Sì.”
“CHE STRONZO! Mi ha detto che il tuo aveva solo tre ciondoli e invece ne ha: uno, due, tre… SETTE! Proprio come quello che ha regalato a me!”
Ma che viscido capitone! Per ora ti paro il culo, poi facciamo i conti.
“No…vedi che… in effetti ne aveva solo tre, sono io che ho fatto aggiungere gli altri…”
“Perché non ti bastavano tre? Cosa vuoi dire, CHE MIO FRATELLO E’ UN PEZZENTE?”
Adesso questa mi fa ingoiare il pennellone da fard.
“Volevo dire che..”
“Vabbè. Non sono affari miei.”
E meno male.
“Comunque sappi che questa casa è la mia.”
“Ah. Ok.”
“E che quando muore nonna, anche la sua casa diventerà mia.”
Auguri nonna.
“Certo, certo.”
“Tu ce l’hai una casa?”
“Beh… non so, dovrei vedere…”
“No, no, scusa, non sono cose che si domandano.”
“Ma no, figur...”
“E CHE CAZZO, VUOI STARE FERMA CHE NON RIESCO A METTERTI L’EYE LINER!!”
Angeli del Cielo vi prego non mi abbandonate, in fondo sono sempre stata una persona quantomeno educata.
“Oh. Ecco qua, ho finito. Su guardati allo specchio”
Hi! Moira Orfei!
“Oh, ma che bello! Grazie. Adesso però vado, eh?”
“Vai vai, che ho un casino di cose da fare e non ho tempo da perdere con queste stronzate. SEI ANCORA QUI? HO DETTO VATTENE!”
Nel corridoio incrociai il capitone.
“Ma dove corri? E come diavolo ti sei truccata!?”
“Da pazza. E me ne vado perché due nella stessa casa sono troppe.”



La storia di Viola...nella prossima puntata!

martedì 2 febbraio 2010

Sondaggio

Il sondaggio su cosa fare degli ex si è concluso, rivelando che questo blog è frequentato da quasi tutti esseri superiori.
La maggior parte decidono di snobbare gli ex-emplari ignorandoli, dimenticandoli o evitandoli. Solo due hanno votato “distruggere” e uno/a “rovinare”.

In effetti alcuni ex si fanno dimenticare per forza di cose.
“Hei, come va?”
“Oh, salve! Sa che la cima di filetto l’altra volta era proprio buona, ripasso sabato e ne prendo un altro mezzo chilo”
“?”
“Ma… lei non è il ragazzo del macellaio?”
“Veramente ero il tuo, di ragazzo”.
Ops
Il problema dei flirt estivi è che poi non li riconosci mai con il cappotto.


Altri ex ti costringono ad evitarli. Soprattutto quelli che attaccano pippe insostenibili.

“Ah, vedi chi c’è! Senti quella maglietta con Samantha Fox me la devi ridare, hai capito!?! È un ricordo! Io ero pazzo di Samantha Fox e tu lo sai!o Samantha Fox era tutto per me! Lo vuoi capire che Samantha Fox era il mio mito?”

“Sì, capisco. Ma ora Samantha Fox pulisce il gabinetto di casa mia.”

Oppure:

“Senti, mi levi un'altra curiosità?”
“Ok, ma è proprio l'ultima perchè mi scade il gratta e sosta.”
“Ma tu mi hai mai amat..”
“No”.
“Lo sapevo. Me lo diceva la maestra che non mi dovevo affezionare troppo a te.”


Alcuni invece vanno decisamente ignorati:
"Pronto? Ah, ciao sei tu, dimmi pure, ti ascolto."
"Ciao, ti volevo solo salutare e dire un'ultima cosa. Volevo dirti che non me ne frega proprio niente che tu mi hai lasciato. Sto molto bene adesso. In macchina tengo l’aria condizionata a palla e metto la stessa camicia per sei anche sette volte di seguito. E poi ho già un’altra ragazza che non mi spacca i maroni sui congiuntivi e soprattutto va d’accordissimo con mia madre. Fanno i dolci e vanno in palestra insieme. Nel fratempo mi sparo tutte le partite che voglio e finalmente posso ordinare la pizza fagioli, tonno e cipolle…”
“Maronn’ e che fetenzìa!”
“Ma…pronto? Chi è che parla?!?”
“Il parcheggiatore. Una ragazza mi ha chiesto di tenere sto cellulare mentre faceva manovra.”

Ecco, diciamo che su questi livelli mi trovate d’accordo. Ignorare, dimenticare, evitare sono le soluzioni giuste.
Ma in alcuni casi non se la possono cavare così.
C’è un interessante gruppo su Facebook intitolato a: “Tutto quello che dicono gli uomini”.
Dategli un’occhiata: un autentico bestiario di quello che gli uomini sono capaci di dire per scaricare una donna o per tenersela a buon mercato.
Vi cito alcune delle migliori o peggiori, a seconda della prospettiva:
“...e se durante questa pausa di riflessione mi dovessi vedere con un'altra, stai serena, farebbe solo parte della pausa.”
"Tu non assomigli per niente alla mia donna ideale, ma per ora penso di potermi accontentare"
"Ma perchè ti agiti tanto? Ti ho detto che è stato soltanto sesso."
"No, no, tu sei meravigliosa. Sono io che non mi fido di me stesso…Però stanotte è stato bello. Torna pure quando vuoi, eh?"
“Davvero non ti ho detto che sono sposato? Beh, mi deve essere sfuggito.”
"Emm…sì, è vero ci ho provato. Ma non sapevo fosse una tua amica, altrimenti non mi sarei mai permesso.”
“Se proprio ci tieni possiamo continuare a stare insieme. Farò questo sacrificio, ma non ti prometto nulla.”
"Scusa ma avete voluto la parità e adesso paga la tua parte. E anche il vino visto che io ne ho preso solo un sorso.”


Ecco. Ditemi un po’ se questi li si può semplicemente snobbare.
Troppa grazia.
Questi possono delinquere ancora e devono essere fermati. Non sto dicendo che bisogna introdursi in casa loro e fargli trovare il coniglietto nano che bolle in pentola. Per carità!
Suggerisco qualcosa di più soft, come ha fatto YaVaughnie Wilkins.
Chi è? Una bella ragazza che per otto anni è stata l’amante di un pezzo grosso del governo americano, e che all’improvviso si è ricordato di essere sposato. YaVaughnie ha fatto affiggere delle gigantografie nelle principali città statunitensi che la ritraggono insieme al fedifrago
Questo sì che vuol dire “rovinare” un uomo.
Vediamo se gli sfugge un’altra volta che è sposato.
E poi c’è la moglie di Tiger Woods che lo ha bastonato a dovere con la prima cosa che si è trovata fra le mani. Toh! Una mazza da golf.
Chi di mazza colpisce, di mazza perisce.
Non contenta di avergli cambiato i connotati, lo ha inseguito con l’auto e si è fermata solo quando si è assicurata che si fosse schiantato contro qualcosa di abbastanza consistente. Come ridurre un Tiger in Gatto Silvestro.
Deve essere lei una delle due persone che hanno votato “distruggere”.
Indovinate chi è l’altra.